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La teoria della riflessività: dalle teorie filosofiche di Popper alle manovre speculative di Soros

Paolo Bascelli, Milano, 11/04/2019

1. Introduzione

George Soros

Nell’elenco dei più grandi investitori di tutti i tempi è sicuramente presente George Soros. Il noto finanziere e filantropo di origini ungheresi e vicino alla famiglia Rothschild, per sfuggire all’occupazione nazista dell’Ungheria, emigra con la propria famiglia nel Regno Unito dove si laurea presso la London School of Economics in filosofia nel 1951 ed ottiene, in seguito, presso lo stesso istituto, un master sempre in filosofia. Il giovane Soros, durante il suo periodo di formazione universitaria, è stato allievo del famoso filosofo Karl Popper, risultandone profondamente influenzato, tanto da elaborare una propria teoria filosofica, la teoria della riflessività, sulla quale ha basato la propria visione economica e la propria strategia di investimento nel corso di tutta la sua vita, arrivando a mettere in atto anche manovre altamente speculative (la più eclatante di tutte è stato l’attacco nei confronti della sterlina britannica nel settembre del 1992, che ha visto il magnate ungherese prevalere sulla Bank of England). La sua teoria della riflessività è quella che gli ha consentito di giungere a un grado di previsione e di comprensione delle bolle speculative, che, abbinato alla sua freddezza speculativa, gli ha consentito di guadagnare enormi profitti, rendendolo una delle trenta persone più ricche al mondo nel maggio del 2017, posizione che non ha conservato poiché ha donato una parte del proprio patrimonio in beneficenza attraverso le Open Societies Foundations.
 

2.1 La genesi della teoria della riflessività: il pensiero popperiano

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Karl Popper

Il filosofo Karl Popper è difficile da inquadrare sotto una sola corrente di pensiero e l’interpretazione più comunemente accettata è quella che vede il filosofo austriaco su una posizione intermedia che combina elementi neopositivistici ad elementi anti-neopositivistici. Ciò che preme, nella nostra analisi, è l’aspetto epistemologico del pensiero popperiano. L’assunto fondamentale dell’impianto logico-filosofico di Popper è che la scienza non ha a che fare con la verità, ossia con un sapere definitivo e certo (principio del fallibilismo), ma con semplici congetture. Tali congetture od ipotesi possono essere falsificate in qualsiasi momento e che non potranno mai essere totalmente verificate (principio di asimmetria tra verificabilità e falsificabilità). Si contrappone pertanto alla concezione classica della scienza vista come un insieme di verità dotate di un fondamento certo ed anzi sostiene che il sapere dell’uomo è strutturalmente problematico ed incerto (“La scienza è un edificio costruito su palafitte”), riconoscendo valore pedagogico all’errore, visto come elemento integrante ed imprescindibile del sapere e del progresso scientifico. Pertanto lo scopo della scienza non è arrivare alla verità assoluta ed inconfutabile ma il raggiungimento di teorie sempre più verosimili, attraverso un processo di congetture e confutazioni, ricordandosi che la scienza possiede come tratti costitutivi, sia la fallibilità, sia l’auto correggibilità.
 

2.2 La teoria della riflessività di George Soros
 

Per Soros il principio più importante, tra quelli del pensiero epistemologico di Popper descritti nel paragrafo precedente, è quello della fallibilità. Ad esso è profondamente legata la riflessività, concetto su cui il finanziere di origini ungheresi basa la sua teoria. Per Soros ogni essere umano si relaziona alla situazione davanti alla quale si trova attraverso due funzioni, quella cognitiva, con la quale il soggetto cerca di comprendere la situazione e quella manipolativa, con la quale cerca di intervenire o interagire con la situazione. In assenza della riflessività, ambedue le funzioni possiedono una variabile indipendente. Nella funzione cognitiva la variabile indipendente è costituita dall’evento, il quale influenza le opinioni dei soggetti pensanti, nell’altra funzione, quella manipolativa, la variabile indipendente è rappresentata dall’opinione, la quale determina le azioni dei soggetti pensanti. Risulta quindi sufficientemente evidente, che qualora le due funzioni, ossia del ragionamento e dell’attuazione, siano attive entrambe, si inneschi una sorta di meccanismo circolare, o di riflessività appunto, per cui le conseguenze delle azioni influiscono sulle opinioni di chi agisce, modificandone le opinioni e successivamente le nuove opinioni portano a nuove azioni che contribuiscono ad allontanarsi ulteriormente dalla realtà, feedback positivo, o a riavvicinarsi parzialmente alla realtà, feedback negativo. Tale meccanismo, come si vedrà nel paragrafo successivo, si può facilmente ritrovare nel processo di genesi, sviluppo e scoppio delle bolle speculative. Ciò introduce un meccanismo di incertezza e di discostamento tra opinione e realtà dei fatti, che non si avrebbe se le due funzioni non si auto influenzassero vicendevolmente. Si può quindi affermare che la riflessività di Soros e la fallibilità di Popper siano quasi la stessa cosa, con la differenza che la fallibilità è sempre presente, poiché la scienza ed il sapere umano sono intrinsecamente imperfetti a prescindere: quindi la fallibilità ha precedenza logica rispetto alla riflessività. Soros si può quindi considerare il prototipo del perfetto dissidente, in special modo rispetto alle teorie economiche delle aspettative razionali e della teoria di efficienza dei mercati, impianti ideologici che negano qualsivoglia principio di fallibilità e di riflessività, e che per il finanziere di origini ungheresi rappresentano un’ottima occasione per mettere in atto il principio di falsificabilità tanto caro al suo insegnante e maestro Karl Popper.

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3.1 Applicazioni della riflessività: la teoria delle bolle speculative di Soros


I guadagni sbalorditivi conseguiti durante la carriera di investitore di George Soros, soprattutto attraverso l’attività svolta a capo dei due hedge fund fondati da lui stesso (il Soros Fund Management ed il Double Eagle, quest’ultimo successivamente ridenominato Quantum Group of Funds), sono in larga parte dovuti alla sua abilità di applicare la sua teoria della riflessività per trarre vantaggio dalle bolle speculative. La sua coerenza con il proprio impianto logico-filosofico, unita al suo cinismo, gli ha consentito di condurre attacchi speculativi contro la sterlina e contro la lira italiana nel 1992, costringendo le rispettive banche centrali a svalutare notevolmente la propria divisa e ad abbandonare il Sistema Monetario Europeo. All’alba della crisi dei mutui subprime del 2008, Soros, nonostante si fosse ritirato dalla propria attività presso i suoi fondi hedge, comprendendo in anticipo che una bolla speculativa era in atto, decide di ritornare in attività per dirigere personalmente il Quantum Fund e mettere al sicuro i propri patrimoni: l’operazione gli riesce perfettamente ed anzi è stato stimato da Forbes, che nel solo 2007 è riuscito ad ottenere profitti per 2,9 miliardi di dollari. Sfruttando la propria teoria della riflessività, il finanziere di origini ungheresi è riuscito ad elaborare una propria schematizzazione della genesi, dello sviluppo e dello scoppio delle bolle speculative. Tali fenomeni seguono delle fasi ben precise, sebbene non è dato sapere a priori la durata e le dimensioni che ogni fase assumerà. Gli elementi costitutivi ed imprescindibili per una bolla sono due: la presenza di una tendenza in atto ed un fraintendimento o errore di interpretazione della tendenza in atto (si pensi, per esempio, alla mancanza di logica nell’investire in aziende appena fondate, come nel caso della bolla delle dot-com, senza che tali aziende avessero registrato profitti o addirittura che fossero almeno riuscite a coprire i costi iniziali per l’avviamento dell’attività, con la convinzione che i profitti prima o poi sicuramente sarebbero arrivati). Le fasi di una bolla, secondo Soros, sono riassumibili come segue: 1) nella prima fase i soggetti economici incominciano a rendersi conto della tendenza in atto ed il loro interesse può rinforzare sia la tendenza sia l’interpretazione della stessa, la quale è molto probabilmente errata; 2) successivamente può verificarsi un avvenimento che può arrestare la tendenza. Se l’errore nell’interpretazione viene corretto grazie al nuovo evento (si pensi per esempio ad una nuova notizia che sia rilevante), la bolla non si sviluppa, mentre se l’errore non viene corretto la bolla continua a gonfiarsi; 3) i soggetti economici iniziano a rendersi conto che tale tendenza non è giustificata ed incominciano a rendersi conto che anche le proprie opinioni in merito erano sbagliate, quindi i diffidenti diventano più numerosi dei credenti; 4) la tendenza affronta un periodo in cui continua a svilupparsi, sebbene ad un ritmo molto inferiore rispetto a quello precedente, inoltre i soggetti che vogliono ancora partecipare alla tendenza, dati i costi di ingresso molto alti, devono necessariamente indebitarsi e/o ricorrere a strumenti quali la leva finanziaria; 5) il fronte dei contrari alla tendenza incomincia ad agire contro di essa, invertendone la rotta, costringendo anche i favorevoli rimasti ad agire contro la tendenza, a causa del pessimismo dilagante; 6) la presenza contemporanea di indebitamento e di leva finanziaria di natura generalizzata, causa effetti domino che ricadono su tutti i soggetti economici (si pensi per esempio alle corse agli sportelli bancari). La bolla esplode ed a posteriori si può quasi sempre notare come sia asimmetrica, in quanto la fase di accumulo presenta un tasso di crescita inferiore rispetto al tasso di decrescita che si registra dopo lo scoppio della bolla.
 

3.2 La volatilità delle azioni tech negli ultimi mesi: una nuova bolla speculativa?
 

Il mercato azionario statunitense ha vissuto un trend rialzista veramente straordinario durato ben 9 anni, in cui tutti gli indici principali hanno raggiunto quotazioni record, come ad esempio lo S&P 500 che nel periodo considerato ha guadagnato circa il 300%. Nel 2018, il nono anno del megatrend, si sono però registrate alcune battute d’arresto significative nei mesi di gennaio, marzo ed ottobre. Le azioni tech, in tutte e tre le occasioni, hanno subito ribassi superiori rispetto al resto del mercato azionario statunitense, ma al tempo stesso, nei periodi di ripresa del mercato, hanno sovraperformato gli altri titoli statunitensi, come si vede chiaramente nella fig.1.

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Figura 1. Deviazione standard annualizzata. Confronto tra l’intero indice S&P 500 e l’indice S&P 500 limitato ai titoli tech

Ciò conferma quanto già noto riguardo alla volatilità del settore azionario tecnologico, da sempre superiore rispetto alla volatilità di altri settori. Inoltre avvalora l’evidenza empirica trovata da De Bondt e Thaler della regressione verso la media: in presenza di reazioni eccessive a notizie inaspettate (in questo caso la diminuzione o l’aumento del valore delle azioni dei titoli tecnologici), effetto noto nella letteratura finanziaria anglosassone come “overreaction” (Soros lo chiamerebbe “circuito di feedback positivo” in quanto rinforza l’errore alla base dell’erronea interpretazione della realtà), si assiste a fenomeni di inversione nei prezzi (nella letteratura anglosassone “price reversals”) per cui le azioni che hanno beneficiato degli aumenti maggiori di prezzo nei periodi precedenti sono quelle con le maggiori probabilità di subire diminuzioni di prezzo nei periodi successivi e viceversa. Sebbene vi siano stati in gioco sicuramente dei fattori legati all’emotività nell’andamento delle quotazioni dei titoli tecnologici, non si può parlare propriamente di una bolla, quanto di prese di profitto e ricalibratura dei pesi di tali titoli nei portafogli.

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Figura 2. Andamento dei profitti (in blu scuro) e andamento della capitalizzazione finanziaria (in azzurro) delle aziende tech

Come si vede nella fig.2, a differenza di quanto registrato nel corso della bolla delle dot-com ad inizio anni 2000, non vi è discostamento tra l’andamento dei profitti delle aziende tecnologiche e l’andamento della loro quotazione di mercato. Anche le stime riguardo i rapporti prezzo/utili futuri delle aziende tecnologiche fornite dagli analisti finanziari, non lasciano presagire situazioni di squilibrio che potrebbero scatenare effetti panico e sell-off generalizzato. Il settore tecnologico inoltre, ad oggi, possiede caratteristiche che lo rendono resiliente anche nei confronti di shock significativi, in special modo per quanto riguarda le aziende top del settore, le FAANG (acronimo che sta per Facebook, Amazon, Apple, Netflix, Google) ed altre come IBM e Microsoft. Tali realtà
hanno posizioni di dominio consolidate, possono contare su notevole liquidità per investimenti, valore del brand che gli consente di attirare i migliori talenti in circolazione ed ottima diversificazione nei servizi offerti, tale da garantire loro anche un riposizionamento del business abbandonando certe attività a favore di altre. L’unica criticità che potrebbe incidere sul settore riguarda l’inasprimento delle normative sulla fiscalità e sulla privacy, tuttavia al momento gli investitori non paiono assegnare particolare rilevanza a questo aspetto.

 

Disclaimer: Questo articolo è frutto delle opinioni di chi lo ha redatto e supervisionato. Nessun compenso viene ricevuto per l’espressione di queste opinioni. Si dichiara inoltre di non avere alcun rapporto commerciale con le società e gli enti di ricerca menzionati in questo articolo.

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