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ELTIF: caratteristiche e differenze con i PIR

ELTIF: caratteristiche e differenze con i PIR

I Fondi di investimento europei a lungo termine o ELTIF (European Long Term Investment Fund), istituiti tramite il regolamento comunitario 760/2015, sono strumenti finanziari pensati dall’Unione europea per stimolare gli investimenti a lungo termine nell’economia reale europea. Gli ELTIF sono rivolti sia ad investitori privati che istituzionali e la soglia minima per l’investimento è pari a 10'000 euro per i soggetti che possiedono un patrimonio non superiore ai 500'000 euro. Un ELTIF può investire almeno il 70% del capitale raccolto in strumenti di equity, quasi-equity (ossia strumenti di debito che presentano caratteristiche di rischio simili all’equity, si pensi alle obbligazioni subordinate per esempio) e di debito di società non quotate di piccole e medie dimensioni e di società quotate di piccole e medie dimensioni la cui capitalizzazione non superi i 500 milioni di euro. Inoltre l’ELTIF può investire in attività reali di valore superiore ai 10 milioni di euro che generino un beneficio economico e sociale e in immobili a uso residenziale e commerciale a patto che tali investimenti in immobili contribuiscano ad una crescita sostenibile ed inclusiva e che non siano legati a logiche di natura speculativa. Il restante 30% o meno del capitale raccolto dall’ELTIF può essere utilizzato dal gestore per negoziare attività e strumenti finanziari diversi dagli investimenti a lungo termine delineati in precedenza, al fine di garantire una maggior liquidità e una migliore copertura dei rischi. Gli ELTIF possiedono un vincolo di concentrazione: non più del 10% del capitale dell’ELTIF può essere investito su una singola attività finanziaria o reale. Il legislatore italiano ha previsto delle agevolazioni fiscali per gli ELTIF (nel regolamento europeo che ha istituito questi fondi invece non sono previsti benefici fiscali): come per i PIR, il capital gain viene detassato, ma solo per le persone fisiche che investono al massimo 150'000 euro annui e 1,5 milioni di euro complessivamente in un ELTIF. Vi sono anche altri requisiti cui bisogna sottostare per ottenere la detassazione del capital gain: l’investimento nell’ELTIF dovrà essere mantenuto per almeno 5 anni; il fondo deve investire il 70% del patrimonio raccolto in società italiane o europee, che non operano nel settore finanziario, non quotate o, se quotate, con capitalizzazione inferiore ai 500 milioni di euro; inoltre il patrimonio raccolto dal gestore dell’ELTIF non deve superare i 200 milioni di euro annui ed i 600 milioni di euro di raccolta complessiva. In base a quanto appena descritto, l’analogia con i PIR è lampante, tuttavia vi sono alcune differenze che è bene sottolineare: · gli ELTIF sono fondi di investimento chiusi (a differenza dei PIR che sono fondi aperti), pertanto il rimborso del capitale al sottoscrittore del fondo avviene secondo scadenze predeterminate o anche solo al termine del tempo di durata dell’investimento. È molto importante per l’investitore verificare le modalità di rimborso e la durata minima dell’investimento, che, data la natura degli asset in cui un ELTIF investe (attività finanziarie e reali a medio-lungo termine) richiede l’impiego del capitale su un orizzonte temporale superiore ai 5 anni; · i PIR hanno una soglia massima di investimento (sia annua che complessiva), mentre gli ELTIF non hanno limite massimo di investimento; · gli ELTIF investono principalmente in PMI europee, mentre i PIR mirano al finanziamento di società italiane (investono anche nelle PMI, ma il peso dell’investimento è alquanto risibile); · gli ELTIF in media presentano commissioni di gestione molto più basse rispetto ai PIR data la non liquidabilità, per un orizzonte temporale di lungo periodo, del capitale versato nel fondo ELTIF da parte dell'investitore. Paolo Bascelli Milano, 30/10/2019 Disclaimer : Questo articolo è frutto delle opinioni di chi lo ha redatto e supervisionato. Nessun compenso viene ricevuto per l’espressione di queste opinioni. Si dichiara inoltre di non avere alcun rapporto commerciale con le società e gli enti di ricerca menzionati in questo articolo.

PIR: uno strumento dal potenziale attualmente inespresso

PIR: uno strumento dal potenziale attualmente inespresso

I PIR o piani individuali di risparmio sono stati introdotti dalla legge di bilancio del 2017, come forma di investimento a medio termine, al fine di indirizzare il risparmio degli investitori verso le medie e piccole imprese italiane. I PIR sono riservati esclusivamente alle persone fisiche residenti in Italia e non potranno essere sottoscritti da aziende ed altre persone giuridiche. L’investimento minimo in un PIR è pari 500 euro e nel singolo PIR non si possono investire più di 30'000 euro; inoltre l’investitore non può superare la soglia di 150'000 euro complessivamente investiti in piani individuali di risparmio. Il piano individuale di risparmio presenta dei costi di gestione che variano a seconda del soggetto (SGR, società di assicurazioni ed altre) che lo propone all’investitore. Attualmente i PIR emessi sono molto pochi (poco più di 50) e presentano dei costi di gestione molto alti (alcuni arrivano addirittura al 5,50% annuo), che annullano ogni forma di sgravio fiscale sui rendimenti conseguiti tramite l’investimento nei piani individuali di risparmio. I vantaggi per l’investitore risiedono, infatti, nei benefici fiscali cui danno diritto i PIR. Tali strumenti infatti prevedono un orizzonte temporale minimo di investimento pari a 5 anni per poter usufruire del beneficio fiscale della non tassazione dei rendimenti conseguiti, siano essi capital gain, dividendi, cedole. I PIR sono inoltre esenti da imposte su successioni e donazioni e non vi è un limite di durata massima temporale dell’investimento. I piani individuali di risparmio consentono agli investitori che li sottoscrivono di investire in svariati strumenti finanziari come azioni, obbligazioni, quote di fondi di investimento ed altri strumenti di mercato monetario. Il 70% del capitale investito nel PIR è destinato all’investimento in strumenti finanziari emessi da aziende italiane o da aziende europee che abbiano un’attività stabile in Italia. Il restante 30% viene investito generalmente in strumenti di mercato monetario come i conti deposito, ma anche in strumenti derivati con finalità di copertura dei rischi. Il 30% del 70% (ossia il 21% del capitale investito nel PIR) è destinato all’investimento in strumenti finanziari emessi da imprese non incluse nel FTSE MIB, ma appartenenti a segmenti di mercato diversi come lo Small Cap (composto da aziende con capitalizzazione inferiore al miliardo di euro), il Mid Cap (composto dalle prime 60 società a media capitalizzazione che non rientrano nel FTSE MIB), lo STAR (composto da società con capitalizzazione compresa tra i 40 milioni ed il miliardo di euro) e l’AIM (acronimo che sta per Alternative Investment Market, composto da piccole-medie imprese italiane ad alto potenziale di crescita). Inoltre i PIR possiedono un “vincolo di concentrazione” che vieta che più del 10% del capitale investito in un piano individuale di risparmio possa essere destinato a strumenti emessi dallo stesso emittente (ad esempio il peso di azioni ed obbligazioni Eni non può superare il 10% del capitale investito nel PIR). Al lettore attento non sarà sfuggito a questo punto un controsenso in quanto si è scritto finora. Il fine con cui sono stati introdotti i PIR è quello di destinare le risorse finanziarie messe a disposizione dagli investitori alle piccole e medie imprese italiane. Fine che viene disatteso dalle percentuali di investimento, quel 21% che è ulteriormente ripartito con aziende dei segmenti Small Cap, Mid Cap e STAR. Il tessuto imprenditoriale italiano è composto per più del 95% da piccole e medie imprese. Risulta matematicamente impossibile pertanto, che i PIR possano fornire risorse e sostegno alle PMI come in realtà dovrebbero fare.
Il legislatore sta cercando di risolvere il problema dello scarso finanziamento alle PMI italiane attraverso i PIR, introducendo ulteriori vincoli nell’allocazione del capitale sottoscritto nel piano individuale di risparmio. Con la manovra di bilancio per il 2019, a partire dal primo gennaio 2019, i nuovi piani individuali di risparmio dovranno necessariamente investire il 3,5% della quota del 21% in PMI ammesse alla negoziazione sul segmento AIM Italia da non più di 7 anni ed il 3,5%, sempre della quota del 21%, in azioni o quote di fondi venture capital residenti in Italia. Con questi nuovi vincoli sicuramente aumenta il profilo di rischio dei PIR (criticità che attraverso un’opportuna diversificazione può essere tenuta assolutamente sotto controllo), ma al tempo stesso si ottempera maggiormente all’obiettivo prefissato di introdurre nuove forme di finanziamento per le PMI italiane. Concludendo, lo scopo con cui sono nati i PIR è sicuramente lodevole, tuttavia: · i costi di gestione annui altissimi (che si applicano sull’intero capitale sottoscritto) non sono minimamente compensati dagli sgravi fiscali ottenibili sui rendimenti forniti dal PIR (che si applicano sui dividendi, sulle cedole e sugli eventuali capital gain, quindi su una piccola parte del patrimonio sottoscritto nel PIR) ; · il capitale allocato a favore delle PMI italiane è decisamente troppo poco e non risolve assolutamente il problema del finanziamento alle piccole e medie imprese che costituiscono più del 95% del tessuto imprenditoriale italiano; · il vincolo di concentrazione del 10% massimo del capitale sottoscritto in strumenti emessi da una società è troppo elevato e non consente di effettuare un’opportuna diversificazione. Se si considera in aggiunta che è prassi comune destinare quei 10% a società molto capitalizzate e già affermate, la produttività del capitale sottoscritto nel PIR dall’investitore è piuttosto risibile. La soluzione quale può essere quindi? Acquistare ETF che investano in segmenti del mercato specifici, seguendo un criterio di capitalizzazione delle società. Sicuramente l’ETF è meno efficiente di un piano individuale di risparmio dal punto di vista fiscale, ma il vantaggio di avere commissioni molto più basse è schiacciante.

Paolo Bascelli Milano, 24/09/2019 Disclaimer : Questo articolo è frutto delle opinioni di chi lo ha redatto e supervisionato. Nessun compenso viene ricevuto per l’espressione di queste opinioni. Si dichiara inoltre di non avere alcun rapporto commerciale con le società e gli enti di ricerca menzionati in questo articolo.

Letture consigliate per le vacanze

Letture consigliate per le vacanze

Il caldo si fa sentire, i ritmi inevitabilmente rallentano e c’è sempre più bisogno di ricaricare le batterie dopo un anno di lavoro e di sacrifici nella centrifuga della routine quotidiana. Vorreste trascorrere parte del vostro meritato riposo leggendo un libro ma non sapete quale? Noi di Algofj.com vi consigliamo alcune letture tra quelle proposte nella nostra sezione Recommended Books : · “La signora dei baci. Luisa Spagnoli” di Maria Letizia Putti e Roberta Ricca: si tratta di una biografia romanzata di una delle donne italiane più brillanti ed una delle menti imprenditoriali più importanti e significative della storia economica italiana. Una figura di cui è sicuramente un bene conoscere la vita e gli innumerevoli traguardi raggiunti. · “Il club dei super economisti” di Benoist Simmat e Vincent Caut: si tratta di una scanzonata ed a tratti irriverente carrellata sulle menti più importanti della storia dell’economia. Con l’ausilio di vignette a fumetti vengono descritte la biografia ed il contributo più rilevante dell’economista allo sviluppo della teoria economica, esaminando se tale lascito ha superato l’esame del tempo e le critiche dei posteri. · “Padre ricco e padre povero” di Robert Kiyosaki: si tratta di un libro che si focalizza sulla crescita personale, guidando il lettore, attraverso opportuni esempi ed insegnamenti derivanti dall’esperienza personale dell’autore, a rivedere alcuni pensieri convenzionalmente accettati riguardo il mondo della formazione scolastica, del lavoro e della gestione delle proprie finanze. · “Guida per investire nell’oro e nell’argento” di Michael Maloney: si tratta di un libro che aiuta il lettore a comprendere l’importanza dell’investire in metalli preziosi, in particolar modo nell’oro e di come tale asset sia fondamentale, a scopo difensivo ed in tempi di recessione economica, nell’ambito di una gestione patrimoniale. Una lettura indubbiamente di attualità dato il periodo di potenziale incertezza sui mercati finanziari e dati anche i consigli dei grandi della finanza di aumentare la percentuale del proprio patrimonio investita nell’oro (visitate la pagina The Land of Giants e la sezione Commodities del nostro sito per saperne di più). N.B.: Vi ricordiamo che l’acquisto di un libro della pagina Recommended Books tramite il link “Acquista ora”, contribuirà con una piccola percentuale del prezzo di vendita a sostenere i costi di gestione del nostro sito.

La teoria delle onde di Kondratiev applicata ai giorni nostri (la fine di un lungo inverno?)

La teoria delle onde di Kondratiev applicata ai giorni nostri (la fine di un lungo inverno?)

Uno dei modelli di previsione di lungo termine più interessanti è quello delle onde di Kondratiev. Nikolai Kondratiev, nel 1925, sviluppò questa teoria in un'opera intitolata "l maggiori cicli economici". Secondo Kondratiev, nel moderno mondo capitalistico, l'economia è sintetizzabile attraverso cicli regolari sinusoidali, definiti in un periodo variabile tra i 50 e 70 anni. Ogni ciclo è caratterizzato da due fasi, una ascendente (autunno) ed una discendente (inverno). La prima determinata da nuove innovazioni e da investimenti; la seconda da guerre e crisi del capitale. Le onde di Kondratiev quindi più che un fenomeno economico sono l'effetto del comportamento del sistema sociale, economico, istituzionale internazionale. Successivamente il modello fu perfezionato, dividendo il ciclo di lungo termine in 4 "stagioni". 1) La prima fase ( Primavera ) è caratterizzata da un periodo in cui il mercato è in forte ascesa, in un contesto di aumento dei prezzi e di diminuzione dei tassi, ma rappresenta il preludio alla ripresa dell'inflazione; 2) La seconda fase ( Estate ) si sviluppa una forte inflazione con un impatto negativo sui mercati, un periodo molto difficile ma molto produttivo in termini di cambiamenti evolutivi e tecnologici; 3) La terza ( Autunno ), un altro momento "facile" del ciclo, in cui si raccolgono i benefici degli interventi e delle innovazioni avvenute nell'estate. I mercati tornano a crescere fino al fisiologico esaurimento della crescita economica e all'inizio di una deflazione; 4) La quarta ed ultima parte del ciclo ( Inverno ) è quella in cui si scatena la furia deflattiva, la fase più dura da affrontare, che porta panico nei mercati. Come nel caso dell'estate, le difficoltà sviluppano nuovi percorsi evolutivi e tecnologici. Dunque, secondo questo modello di Kondratiev, il sistema complesso nelle sue componenti sociale, economica, tecnica, politica, diventa più ingegnoso e più forte nei momenti di difficoltà (Estate, Inverno) quasi seguendo uno schema darwiniano, dando vita a evoluzioni e rivoluzioni tecnologiche. Le stagioni più facili per l'umanità (Primavera, Autunno) sono le stagioni in cui l'umanità gode dell'opera di pulizia e rinnovamento avvenuta durante le precedenti stagioni. Gli economisti Schumpeter, Freeman e Perez, utilizzando gli studi di Kondratiev, hanno individuato la presenza di cinque onde (ognuna delle quali coincide con una rivoluzione od innovazione tecnologica) che ne confermerebbero la teoria. *La prima onda rispecchia la prima rivoluzione industriale ed inizia nel 1771 (il settore che più ne ha beneficiato è stato quello tessile). ** La seconda, iniziata intorno al 1820-30, coincide con la seconda rivoluzione industriale, l'epoca del vapore e delle ferrovie (il settore che ne ha tratto i maggior vantaggi fu quello delle ferrovie e dell'industria pesante, acciaio). *** La terza onda, il cui inizio è collocabile intorno al 1880, viene chiamata "la prima globalizzazione". ln questo periodo vi fu la proliferazione e l'innovazione ulteriore dei collegamenti ferroviari fra diverse nazioni e di quelli marittimi fra diversi continenti. La Germania e gli Stati Uniti ebbero una forte espansione tanto da sfidare l'egemonia britannica come potenza mondiale. ****La quarta onda, inizia intorno al 1910 con le catene di montaggio, una rivoluzione di processo determinata dal Taylorismo ed il Fordismo. Un nuovo modo di produrre che sconvolge modelli di vita, di lavoro, di consumo e che introduce un grande protagonista rimasto tale fino ai giorni nostri: il petrolio. Gli Stati Uniti sono i grandi protagonisti di questa quarta onda. *****La quinta ed ultima onda è quella che ebbe inizio nel 1970-75, la rivoluzione dell'informatica e delle telecomunicazioni e che sarebbe ancora in atto. Gli Usa trovano nell'Asia emergente un formidabile competitor. Diversi economisti concorderebbero nell'identificare il momento attuale come la fase che K chiamava inverno, iniziata nel 2000 e che starebbe per entrare nella sua parte finale. In effetti molti elementi che caratterizzano l'inverno di Kondratiev potrebbero essere compatibili con l'ultimo ventennio: la deflazione, l'aumento del debito pubblico come reazione degli stati alla crisi economica, il ribasso tassi, la crisi dell'establishment a favore di movimenti populisti, l'aumento delle tensioni nella società e tra popoli, il ritorno ai confini nazionali etc, etc. Anche la componente di innovazione e rivoluzione è riscontrabile in questo ultimo ventennio: microprocessori sempre più potenti, l'MP3 e MP4, la digitalizzazione, l'intelligenza artificiale, le macchine senza conducente, la nanotecnologia, la biotecnologia, la blockchain, etc. Pertanto, se questa teoria fosse fondata, al netto di qualche momento difficile ancora da vivere, il peggio sarebbe passato e fra qualche anno potremmo considerarci nel pieno di una nuova primavera ed inseriti in una nuova onda, la sesta. Spesso mi chiedo quali potrebbero essere i fattori di innovazione tecnologica, quale potrebbe essere la rivoluzione tecnologica in grado di avviare la sesta onda? ******La sesta onda probabilmente sarà la conseguenza dell'esplosione del "Big-bang disruption" (così definita da Larry Downes), ossia l'accelerazione di un fenomeno, già in corso, denominato "disruptive technologies" e che include una serie di fenomeni di natura tecnologica che cambieranno il modo di vivere, lavorare di tutti noi. Si tratta di argomenti che abbiamo già trattato in questo sito e che continueremo a trattare in futuro per cercare di dare indicazioni utili nella scelta degli investimenti: blockchain, intelligenza artificiale, ampia disponibilità di banda larga sempre più veloce, robotica, algoritmi, sostenibilità (ESG) , innovazione e conquiste nel settore medico e sanitario.
Vanni Lanzoni Milano, 12/02/19 Wealth Manager Nota bene: le azioni sono uno strumento altamente volatile, pertanto devono avere un peso percentuale all'interno del portafoglio coerente con il grado di rischio dell'investitore. E' consigliabile affidarsi ad un professionista in grado di gestire il rischio in modo efficiente. Versione in inglese dell'articolo: PDF

Perché un taglio dei tassi di interesse fa crescere le quotazioni azionarie?

Perché un taglio dei tassi di interesse fa crescere le quotazioni azionarie?

Nelle ultime settimane si sta parlando spesso della politica monetaria ultra espansiva adottata da Mario Draghi nei suoi ultimi mesi di presidenza della BCE (il suo successore è già stato trovato e sarà l’attuale Presidente del Fondo Monetario Internazionale, Christine Lagarde) e di possibili tagli di interesse da parte della Federal Reserve per sostenere con maggiore vigore l’economia statunitense alla luce delle tensioni commerciali e geopolitiche in corso (guerra dei dazi con la Cina, mancato rispetto degli accordi nucleari dell’Iran, tassa francese sulle Big Tech statunitensi, tensioni e sanzioni contro la Russia). A beneficiare dei tagli dei tassi negli USA potrebbe essere il settore azionario: perché? Ci sono diversi fattori in gioco, ma i principali sono i seguenti (esposti non in ordine di importanza):
· Effetto rendimento dell’asset class: a parità di condizioni, un abbassamento dei tassi di interesse rende più convenienti, in termini di rendimento, l’azionario rispetto all’obbligazionario (si pensi alla relazione inversa tra tasso cedolare di un’obbligazione e prezzo dell’obbligazione). Per quanto riguarda l’obbligazionario a tasso variabile è facile comprendere il perché (il tasso cedolare diminuisce), mentre per l’obbligazionario a tasso fisso la ragione è da ricercarsi nel prezzo (le obbligazioni a tasso fisso emesse precedentemente rispetto al taglio tassi diventano particolarmente appetite, gonfiando notevolmente il prezzo di acquisto e compensando lo scarto positivo del tasso fisso rispetto al variabile con un prezzo di esborso più elevato per acquistare il bond a tasso fisso); · Effetto di valutazione dei flussi di cassa: per stimare il valore di un’azienda si utilizza, di solito, il modello del DCF (acronimo che sta per Discounted Cash Flow). Tale modello prevede che, stimati i flussi di cassa futuri che un’attività può ragionevolmente produrre, essi vengano attualizzati rispetto all’anno in cui verranno maturati, tenendo conto del tasso di interesse attualmente in vigore. Un abbassamento del tasso di attualizzazione (il tasso di interesse decennale), fa aumentare matematicamente il valore dei singoli flussi di cassa, generando un valore stimato della redditività dell’azienda più alto e quindi una miglior prospettiva di investimento per chi voglia investire in azioni dell’azienda in questione; · Effetto inflazione e alleggerimento del debito: l’adozione di una politica monetaria maggiormente accomodante da parte di una banca centrale, ha l’effetto di aumentare la massa monetaria disponibile nel sistema economico, generando, nel medio periodo (lasso di tempo che è superiore all’anno ed inferiore ai 5 anni), un aumento del tasso di inflazione. Un aumento generalizzato del livello dei prezzi pari al 2% annuo (obiettivo di politica monetaria primario perseguito dalla BCE), crea condizioni di maggiore stabilità per le aziende che operano nel sistema economico. Inoltre, essendo i debiti contratti, precedentemente alla riduzione dei tassi, ad un tasso nominale, un effetto inflattivo rende meno onerosa l’estinzione del debito delle aziende (il tasso nominale del prestito rimane immutato, ma si riduce il tasso reale del prestito); · Effetto della maggior facilità di contrarre debito: un taglio dei tassi di interesse aiuta le aziende a contrarre nuovo debito a tassi inferiori rispetto a quelli precedenti, incrementando la capacità delle aziende di effettuare spese per investimenti in capitale umano, fisico e in progetti di ricerca e sviluppo, migliorando, di conseguenza, la redditività futura dell’azienda; · Effetto di deprezzamento del tasso di cambio: il taglio dei tassi produce come effetto quello di aumentare la quantità di moneta all’interno del sistema economico, andando a diminuire il valore della valuta domestica, a parità delle altre condizioni, rispetto ad una valuta estera. Nell’ottica di un’azienda votata fortemente all’export, per esempio, un deprezzamento del tasso di cambio sicuramente è una buona notizia, poiché rende le merci domestiche molto più competitive in termini di prezzo rispetto ad altre merci. Ovviamente è opportuno specificare che queste condizioni non si verificano necessariamente ad ogni manovra di allentamento delle condizioni monetarie, tuttavia aiutano a spiegare perché, in genere, un abbassamento dei tassi di interesse comporti una crescita delle quotazioni del mercato azionario. Inoltre occorre sottolineare che prendere una decisione di investimento basandosi solo ed esclusivamente su un fattore (il taglio dei tassi di interesse), può essere fonte praticamente certa di errori madornali e di rendimenti estremamente deludenti. Bisogna sempre tenere conto di una molteplicità di fattori e rivolgersi a consulenti competenti che siano in grado di comprendere meglio il quadro di insieme e di aiutarvi a prendere le decisioni migliori per voi ed i vostri investimenti.

Paolo Bascelli

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Il Bitcoin e le altre criptovalute attirano sempre di più l'attenzione dei mass media per le variazioni delle loro valutazioni borsistiche. Sono davvero così rivoluzionarie o è il meccanismo della blockchain ciò che dovrebbe attirare maggiormente l'interesse degli investitori? Articolo completo: PDF

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Approfondendo le diverse fasi del ciclo economico, come esse vengono vissute dai mercati finanziari e contestualizzando il momento di ciclo economico attuale, si arriva a costruire un portafoglio ideale per i prossimi 24 - 36 mesi. Articolo completo: PDF

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Partendo da ciò che dice la letteratura economica, si analizza in che fase del ciclo del credito a breve termine ci si trova, quali sono i migliori comportamenti di investimento da adottare e quali sono le prospettive di evoluzione del ciclo nei mesi successivi. Articolo completo: PDF .

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