La mente umana non è fatta per prevedere
Paolo Bascelli, Milano, 27/06/2020
Introduzione
In questi mesi, ci stiamo imbattendo, quotidianamente, in discussioni sul futuro prossimo della nostra società da un punto di vista sanitario in primis, economico e sociale poi. La volontà di prevedere e poter anticipare il futuro è qualcosa che attrae gli uomini dall’alba dei tempi. Il nodo centrale della questione però è un altro: come funziona la nostra mente quando ha a che fare con le previsioni? Il nostro interesse è strettamente legato all’ambito della gestione dei portafogli finanziari, tuttavia i concetti che verranno esposti, con qualche piccola modifica, sono estendibili e declinabili anche in altri campi.
La mente umana, in ogni processo decisionale, è fortemente condizionata dalle emozioni e lo è specialmente quando si deve compiere una scelta in condizioni di incertezza. Ciò non ci consente di essere perfettamente razionali e ci fa spesso incorrere in errori banali. Lo psicologo premio Nobel Daniel Kahneman, nelle sue ricerche sui bias cognitivi condotte assieme ad Amos Tversky, ha rilevato che gli individui possiedono due differenti modalità di pensiero: il sistema 1, veloce, istintivo e fortemente condizionato dalle emozioni, ed il sistema 2, più lento, più improntato alla riflessione e alla logica, e meno condizionato dai fattori emotivi rispetto al sistema 1. A differenza di quanto si possa credere, non è solo il sistema 1 che porta l’individuo a compiere scelte sbagliate da un punto di vista logico-matematico, ma ambedue i sistemi.
Quali sono gli errori più comuni che commettiamo nelle previsioni?
La distorsione cognitiva più comune in assoluto e che si sta diffondendo con preoccupante velocità al giorno d’oggi è quella nota come effetto Dunning-Kruger dal nome dei due scienziati che l’hanno scoperta. Tale bias consiste nella sopravvalutazione delle proprie abilità da parte di individui poco competenti ed esperti in un campo ed al contempo persone davvero competenti ed esperte tendono a sottostimare notevolmente la propria preparazione e le proprie abilità (fig.1). Evidentemente tale distorsione si configura come la madre di tutti i bias comportamentali, poiché spesso ostacola gli individui nella loro capacità di ragionare ed agire razionalmente, a prescindere da qualsivoglia condizionamento emotivo.
Fig.1: rappresentazione grafica dell'effetto Dunning - Kruger
Una distorsione cognitiva fortemente legata all’effetto Dunning-Kruger è quella che prende il nome di Post hoc ergo propter hoc (dal latino “Dopo questo, perciò a causa di questo”). Si tratta dell’attribuzione di un legame logico di causa-effetto motivato solo dalla sequenzialità di due eventi, i quali possono essere sia assolutamente non correlati tra loro, sia motivati da altri fattori e non solo dall’ordine cronologico della loro manifestazione.
Anche nell’assegnazione delle probabilità del verificarsi di un evento, gli individui commettono errori frequenti. Gli individui infatti tendono a ragionare per intuizione e per semplificazioni e sono “vittime” inconsapevoli dell’euristica della rappresentatività. Secondo questo bias cognitivo, le persone ritengono maggiormente probabili eventi che abbiano scatenato una forte reazione emotiva, senza tenere conto delle statistiche effettive del verificarsi di tale evento. Si pensi per esempio agli attacchi all’uomo da parte degli squali. Causa la forte componente emotiva legata alla drammaticità di tale tipo di decesso, si ritiene che esso sia molto frequente. In realtà tale convinzione è completamente errata, perché se si analizzano le statistiche, le probabilità di decesso per incidenti domestici sono decisamente superiori per esempio. Un altro esempio di euristica della rappresentatività è legato alla similarità. Spesso riteniamo senza alcun fondamento statistico, che le nostre esperienze abbiano più probabilità di verificarsi rispetto ad altre e nuove esperienze o che un evento la cui probabilità di verificarsi sia condizionata al verificarsi di un altro evento, sia più probabile del verificarsi dei singoli eventi. Esempio: una crisi economica causata da una crisi dei debiti sovrani (quindi un’intersezione data dal verificarsi di due eventi) viene ritenuta più probabile del verificarsi di una crisi economica, violando la regola di Bayes.
Purtroppo per noi però, non siamo solo vittima di emozioni, di semplificazioni e di bias cognitivi, ma anche la società ci condiziona fortemente quando dobbiamo prendere decisioni in condizioni di incertezza. È il caso dell’herd behaviour, in italiano “effetto gregge”: discostarsi dall’opinione comune è costoso e rischioso. Si pensi per esempio a un generico consulente: sebbene abbia compiuto ricerche approfondite ed abbia trovato un nuovo settore promettente in cui far investire i propri clienti, il rischio di non allinearsi a ciò che fanno gli altri consulenti è percepito come maggiore rispetto al rischio/opportunità di investire nel nuovo settore. Nel caso ci si allinei all’opinione e alla pratica comune infatti, si può invocare, nel peggiore dei casi, il poco edificante ma in alcuni occasioni conveniente motto del “mal comune mezzo gaudio”. Tuttavia occorre anche sottolineare che per evitare di incorrere nell’effetto gregge non bisogna agire in modo automaticamente e diametralmente opposto a quello della massa: semplicemente vi sono casi in cui è bene adeguarsi ed altri in cui si deve pensare ed agire controcorrente.
Conclusioni
In base a quanto detto in precedenza, risulta evidente che non siamo esseri perfettamente razionali e che quando abbiamo a che fare con il futuro, o meglio con l’incertezza, siamo facile preda delle emozioni. Cosa fare per poter volgere a nostro favore le probabilità e commettere meno scelte avventate e meno errori quando dobbiamo investire? Il consiglio numero uno e che non bisogna mai stancarsi di ripetere è diversificare. Ciò non significa assumere posizioni lunghe o corte in tantissimi strumenti finanziari diversi o esporsi a tutti i settori economici che lo scibile umano possa concepire. Nell’articolo sull’efficienza dei mercati abbiamo visto che solo una componente del rischio è diversificabile (il rischio specifico) e che la minimizzazione di tale rischio avviene investendo in un numero comunque limitato di strumenti, aree geografiche, asset class, valute, dopodiché l’n-esimo asset diventa irrilevante ai fini della riduzione del rischio. Il secondo consiglio è affidarsi ad un consulente finanziario o ad un team di consulenti finanziari (con ovvie differenze di commissioni da corrispondere nei due casi) che siano indipendenti da istituzioni finanziarie e aziende e le cui commissioni per la gestione del patrimonio siano commisurate al capitale iniziale da gestire o sul capitale medio investito. Agendo in tal senso si cerca di privilegiare una gestione oculata del rischio e di scoraggiare il gestore a compiere operazioni aggressive volte a ottenere performance elevate, a fronte di un rischio alto e non coerente con il profilo del cliente gestito.
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