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L’incognita del momento: una lettura della guerra dei dazi

Vanni Lanzoni, Wealth Planner, Milano, 14/07/2018

Figura 1. Grafico dell'andamento azionario europeo

L’attuale battaglia commerciale, che vede il presidente Trump impegnato ad attaccare le superpotenze concorrenti attraverso una politica fortemente protezionistica, ha un’origine molto
lontana. Secondo gli Stati Uniti, questa è la risposta a 70 anni di libero scambio asimmetrico, durante
i quali, l’Europa e la Cina in primis, ma tutto il resto del mondo ha approfittato di una generosità
americana non più prorogabile.

 

Devo dire che c’è molto di vero, per farsene un’idea più precisa basta leggere il libro di Yanis
Varoufakis: “I deboli sono destinati a soffrire? L'Europa, l'austerità e la minaccia alla stabilità
globale”
(la nave di Teseo, 2016), dove l’autore spiega in modo dettagliato come gli Stati Uniti, dalla
fine della seconda guerra mondiale fino ad oggi, siano stati un traino formidabile prima per l’Europa
(nella fase di ricostruzione post-bellica con un oneroso piano Marshall, in seguito con i continui
investimenti del loro surplus commerciale nelle nostre economie, almeno fino alla fine anni 70, per
poi passare ad una domanda interna che ha continuato ad aiutare lo sviluppo economico del vecchio
continente
) e poi per la grande crescita della Cina del dopo Deng. Le due super-potenze spesso non
si sono dimostrate molto collaborative (atteggiamento tenuto in primis dai tedeschi, sempre pronti
a tassare i consumi più orientati all’importazione), pensando più a crescere attraverso al proprio
export che incentivare i propri consumi interni, i quali in qualche modo avrebbero aiutato la bilancia
commerciale americana.

 

Al di là delle ragioni dell’uno o dell’altro, il risultato è che i mercati azionari (Europa ed Italia) stanno
soffrendo da inizio anno (fig.1). Il timore prevalente è che all’attacco americano, Europa e
Cina rispondano per le rime con altrettanta aggressività come sembrerebbe emergere dalle
dichiarazioni dei tecnocrati delle due aree economiche (soprattutto i tecnocrati tedeschi).

 

Il protrarsi di questa “guerra” finirebbe infatti per danneggiare la crescita globale fino a trascinare il
mondo in una nuova recessione, dove avremmo tutti da perderci sia come soggetti economici che
come risparmiatori.

 

Qualcosa si sta muovendo affinché questo non avvenga?
 

Forse sì.
 

La ragione impone che, per quanto riguarda l’Europa, i singoli Stati vadano oltre il volere dei
tecnocrati di Bruxelles; le imprese stanno facendo pressioni ai loro rappresentati politici perché non
si vada allo scontro diretto e la Merkel sembra dimostrarsi ricettiva in tal senso. L’idea che dovrebbe
prevalere è che il fine ultimo di Trump non è di alzare i dazi, ma di abbassarli tutti quanti attraverso
accordi bilaterali perché più flessibili rispetto a quelli multilaterali.

 

D’altro canto, gli Usa a novembre devono tornare al voto e a Trump serve arrivarci con un’immagine
di vincitore in una guerra che non deve finire col fare vittime interne, quindi potrebbe accontentarsi
di poco, di qualche accordo un po’ meno sfavorevole di quelli odierni. Non vi è dubbio che se non
fosse la ragione a prevalere tutti finirebbero col farsi male, ma peggio andrebbe a chi ha impostato
la propria economia sull’export (Germania, Cina e ahimè anche l’Italia).

 

Se invece, come mi auguro, cominciassero ad intensificarsi gli incontri fra Usa-Cina, Cina-Germania,
Usa-Germania, vorrebbe dire che ci stiamo muovendo verso un nuovo periodo di distensione che
farebbe molto bene ai mercati. Non è da escludere che in questo scacchiere una pedina importante
possa essere la Russia, nazione che potrebbe rappresentare un elemento di stabilizzazione in
cambio di una riduzione delle attuali sanzioni a suo carico.

 

Il parametro da tenere sott’occhio continuerà ad essere la volatilità (fig.2).

Figura 2. Grafico S&P 500 VIX

Ad oggi, l’indice della paura Vix, che misura la volatilità registrata sul mercato azionario più
importante al mondo S&P 500, riporta valori di assoluta tranquillità. E’ però evidente che a febbraio
ci fu un movimento impetuoso che corrispose ad una forte flessione di tutti i mercati azionari.

 

Concludendo, la guerra dei dazi è iniziata, non è detto che si protragga, ma se i segnali fossero
negativi bisognerà incominciare a mettere in conto implementazioni tattiche difensive, aumentando
le posizioni in oro, treasury (titoli di stato americani), obbligazioni rating elevato ed azioni
anticicliche magari con dividendi elevati.

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Disclaimer: Questo articolo è frutto delle opinioni di chi lo ha redatto e supervisionato. Nessun compenso viene ricevuto per l’espressione di queste opinioni. Si dichiara inoltre di non avere alcun rapporto commerciale con le società e gli enti di ricerca menzionati in questo articolo.

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