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Gestione attiva versus gestione passiva: dati ed evidenze

Paolo Bascelli, Milano, 23/10/2019

Il dibattito sul confronto tra gestione attiva (SICAV) e gestione passiva (ETF) si protrae da decenni, senza che una posizione prevalga sull’altra in modo inequivocabile e definitivo. Lo scopo del presente articolo è pertanto quello di cercare di mettere ordine nell’enorme mole di dati a disposizione e di individuare alcune evidenze che possano orientare l’investitore, aiutandolo a prendere decisioni in modo più consapevole.
Una prima analisi può essere condotta a livello di macro-aree geografiche, esaminando le percentuali ad 1 anno, a 3 anni ed a 5 anni, di fondi a gestione attiva che hanno avuto performance inferiori rispetto ai benchmark da loro dichiarati (fig.1).

Figura 1. Percentuale dei fondi a gestione attiva che hanno registrato una performance inferiore ad 1 anno, a 3 anni ed a 5 anni rispetto ai rispettivi indici di riferimento a larga capitalizzazione (fonte: SPIVA. Dati forniti da: S&P Dow Jones Indices LLC, Morningstar, Fundata, CRSP aggiornati al 31 dicembre 2018)

Dalla fig.1 risulta evidente che in ogni macro-area geografica, a prescindere dall’orizzonte temporale considerato (vi sono due eccezioni: i fondi a gestione attiva messicani e sudafricani ad 1 anno), in media, i fondi a gestione attiva hanno fatto peggio dei rispettivi indici di riferimento. Tale conclusione potrebbe lasciare a prima vista soddisfatti, ma è troppo generica e risente di alcune semplificazioni. In primo luogo non si è fatta distinzione tra le varie categorie di fondi a gestione attiva (azionari domestici, azionari stranieri, obbligazionari corporate, obbligazionari high-yield per citarne solo alcuni). In secondo luogo per operare questo confronto si è ipotizzato che ogni fondo a gestione attiva avesse dichiarato, come benchmark di riferimento, un indice a larga capitalizzazione (ipotesi troppo stringente date le segmentazioni dei mercati finanziari in relazione alle dimensioni patrimoniali delle aziende quotate). In terzo luogo l’orizzonte temporale su cui è effettuato il confronto è troppo ristretto, arrivando solo a 5 anni (esistono fondi con gestioni più che ventennali). In ultimo luogo non si è tenuto conto delle differenze nelle commissioni applicate dai singoli fondi (ne esistono sia con commissioni di gestione a buon mercato, sia con commissioni esorbitanti).

 

Indubbiamente più esplicativa e maggiormente utile ai fini della nostra analisi è la tabella riportata nella fig.2 in cui vengono espresse le percentuali di successo per ogni categoria/segmento dei mercati finanziari analizzati su orizzonti temporali di breve, medio e lungo periodo. La percentuale di successo è un indicatore elaborato da Morningstar, che misura la percentuale dei fondi a gestione attiva, operativi dall’inizio alla fine dell’orizzonte temporale considerato, che sono stati in grado di generare un extra rendimento rispetto a fondi a gestione passiva (ETF) nella medesima categoria di appartenenza. La composizione dei fondi a gestione passiva utilizzati per il confronto è uguale a quella del fondo attivo per quanto riguarda i titoli presenti, ma varia nei pesi assegnati ai titoli: nel fondo attivo i titoli hanno pesi variabili decisi dal gestore, nei fondi passivi, invece, ogni titolo ha lo stesso peso degli altri titoli.

Figura 2. Percentuali di successo dei fondi a gestione attiva rispetto ai fondi a gestione passiva appartenenti alla stessa categoria.

Le percentuali di successo evidenziate in verde e in rosso, indicano, rispettivamente, se il fondo a gestione attiva ha avuto una percentuale di successo superiore o inferiore rispetto alla percentuale di successo media dei fondi appartenenti alla medesima categoria. Risulta lampante che in quasi tutte le categorie considerate sull’orizzonte temporale dei 10 anni (unica eccezione sono i fondi a gestione attiva nel mercato immobiliare globale, “Global Real Estate” nella tabella), i fondi con i costi di gestione più bassi vantano percentuali di successo superiori o nettamente superiori rispetto alla media, mentre i fondi con le commissioni più alte hanno percentuali di successo inferiori o nettamente inferiori rispetto alla media. Un altro risultato che si può desumere dai dati, sempre considerando i fondi a gestione attiva con le commissioni più basse sull’orizzonte temporale dei 10 anni, è la performance dei fondi nelle categorie azionario straniero a piccola-media capitalizzazione con stile di investimento blend (un mix tra azioni value, ossia sotto prezzate, e azioni growth, ossia con ampi margini di crescita futuri), mercati emergenti con alta diversificazione, azionario europeo, immobiliare statunitense, corporate bond e bond high-yield: le percentuali di successo indicano che la maggioranza dei fondi a gestione attiva in queste categorie ha fatto meglio dei rispettivi fondi passivi usati per il confronto.

 

Una domanda che ci si potrebbe porre, giunti a questo punto, è la seguente: i fondi a gestione passiva hanno un vantaggio non recuperabile nelle categorie dove performano meglio dei fondi a gestione attiva? Oppure: nelle categorie in cui i fondi a gestione attiva superano per performance i fondi a gestione passiva, il vantaggio è consolidato? Per rispondere, dati alla mano, occorre considerare i dati riportati nella tabella in fig.3.

Figura 3. Trend delle percentuali di successo per i fondi a gestione attiva di ogni categoria dal dicembre 2014 al giugno 2019.

Nel 60% dei casi le percentuali di successo sono in aumento dal dicembre 2014 al giugno 2019, quindi le performance dei fondi a gestione attiva sono migliorate, tuttavia non sono mancati scivoloni intermedi (si guardi per esempio la percentuale di successo dei fondi a gestione attiva nella categoria dell’immobiliare statunitense nel dicembre 2016). Risulta pertanto impossibile affermare che i fondi a gestione attiva stanno colmando il gap di rendimenti con i rispettivi fondi a gestione passiva, così come non si può certo affermare che gli ETF faranno sicuramente e sempre meglio dei fondi a gestione attiva in ogni categoria.

 

Concludendo, occorre ricordare che i dati esposti nel presente lavoro sono storici, ossia legati al passato e pertanto non sono indicativi delle prestazioni e dei risultati ottenibili in futuro. Tuttavia, acquistare fondi a gestione attiva che presentano commissioni di gestione tra le più basse rispetto ai fondi nella medesima categoria, è una scelta di buon senso e corroborata dai dati visti in precedenza. La scelta di gestioni attive poco costose incrementa notevolmente le possibilità di trovarsi di fronte a un prodotto finanziario in grado di generare performance interessanti, specialmente in contesti di volatilità contenuta, dove si manifestano al meglio le abilità di asset allocation tattica e strategica del gestore.

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Disclaimer: Questo articolo è frutto delle opinioni di chi lo ha redatto e supervisionato. Nessun compenso viene ricevuto per l’espressione di queste opinioni. Si dichiara inoltre di non avere alcun rapporto commerciale con le società e gli enti di ricerca menzionati in questo articolo.

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